mercoledì 10 aprile 2013

Chi vorreste come Presidente della Repubblica?


di Luca Costa
È un sondaggio che impazza sui siti web di alcuni importanti quotidiani (corriere.it e repubblica.it per esempio). Già oltre centomila i votanti. In testa alle preferenze degli italiani c’è Emma Bonino; seguita a ruota da Prodi, Rodotà, Amato e Dario Fo.
Ora, vorrei che ci chiedessimo, questi galantuomini sono davvero i candidati ideali per il Quirinale?
Proviamo allora con pochi tasselli a comporre un “mini-puzzle” della loro carriera politica. Cosa troviamo nel piatto, quali ingredienti?
Cominciamo con la Bonino: diecimila aborti clandestini praticati prima del ’78, talvolta utilizzando come “strumento” una pompa della bicicletta, cosa che neanche nei lager...
“Ma la Bonino ha combattuto diverse battaglie per i diritti civili”, dicono i suoi supporters. 
Vediamole queste battaglie: richieste continue di revisione del concordato, proposte di eliminazione dell’insegnamento cattolico nelle scuole, bozze di esproprio di beni della Chiesa per sanare i conti pubblici, idee di “dirottamento” dell’8 per mille, matrimoni gay, adozioni gay, appoggio alla costituzione degli “Stati Uniti d’Europa”, partecipazioni alle riunioni del Gruppo Bildelberg. Emma è favorevole al voto per gli immigrati, alla legalizzazione delle droghe c.d “leggere” (che poi leggere non sono affatto, faglielo a dire, basterebbe guardare che effetto hanno fatto a Pannella), alle cabine per “la riduzione del danno da droghe pesanti” (cioè le cabine per bucare gli eroinomani sotto “l’occhio vigile” di un infermiere), favorevole al deturpamento del paesaggio italiano (tutelato dalla Costituzione, ma chi se ne cura?) con le pale eoliche che piacciono tanto ai radicali, ma che producono meno energia di un criceto che corre nella ruota.
Recentemente, la vediamo offesa, fare il broncio, la nostra Bonino, perché non l’hanno fatta parlare in Chiesa al funerale della Melato. Forse lei che è un feroce prete del laicismo anticattolico, pensava di avere il diritto di illuminare i fedeli dal pulpito. E si è poi sentita in dovere di fare dell’ironia sulla tolleranza dei cattolici.
E qui facciamo, con un po’di elasticità mentale, che non guasta mai, un bel collegamento tra la Bonino, Amato e Prodi, e torniamo con la mente ad un momento simbolo della “tolleranza dei laicisti di casa Italia”: 2008, Roma, Università la Sapienza.
Chi non ricorda il vergognoso atto di violenza contro Papa Benedetto XVI, al quale fu impedito di pronunciare il (bellissimo tra l’altro) discorso di apertura dell’anno accademico, (dopo essere stato ufficialmente invitato), per colpa di un gruppo di “protestanti”. In quel caso una schiera di “intellettuali di casa nostra”, gli Odifreddi & Co. raccolsero firme per dichiarare solidarietà... ai violenti, affermando che il Papa non può e non deve fare un discorso in un’università (vagli a spiegare che fu Bonifacio VIII a fondare la Sapienza). La Bonino in quel caso parteggiò per questo gruppo di disgraziati, impegnati ad impedire agli altri studenti di assistere ad una lezione che valeva almeno quanto cinque anni di studio messi insieme... Gruppo di “tolleranti” alla cui testa di mise l’allora Premier, Romano Prodi. Anche lui favorito per il Colle oggi. All’epoca disse che il suo governo non poteva garantire l’incolumità del Pontefice, facendo capire che in effetti forse era meglio che Ratzinger non si presentasse. Governo di cui faceva parte quel Giuliano Amato, che forse ricorderete per alcune notti calde come quella del ’92, nella quale autorizzò la manona dello Stato a prelevare forzosamente i denari dai conti degli italiani. 
Bene, Amato nel 2008 era Ministro dell’interno. E cosa fece? Si impose come difensore della libertà assumendosi la responsabilità di garantire a studenti e Pontefice i loro diritti? No! Telefonò a Bertone e Bagnasco consigliando di “inventare un raffreddore del Papa per non creare scompigli, perché in fondo era meglio far saltare tutto”, come poi avvenne visto che le facoltà era in mano a un centinaio di violenti, e i problemi di sicurezza sarebbero stati davvero urgenti.
Poi c’è il buon Rodotà, che al tempo del caso Eluana si distinse come giurista d’eccellenza, affermando in tv di fronte ad un arrendevole Alfano (Alfano...), che toccava ai giudici decidere della vita di una cittadina italiana, e che il governo (Berlusconi, che almeno ci aveva provato) non poteva salvarla per decreto, no, “ci vuole la forma”, e la forma dice che tocca ai giudici (strano che in Italia sia così numeroso il partito che vede nei giudici dei Re Mida, in grado di trasformare ogni sentenza in giustizia celeste...). Ma ciò è falso ed è estremamente anticostituzionale, in quanto la Costituzione dice che la vita dei cittadini non si tocca, e non riserva in nessun articolo e in nessun titolo alla magistratura (nessun potere può), il diritto di disporre di un essere umano, mai questo doveva avvenire (vero Napolitano?). Invece è successo, anche con il parere favorevole nel nostro novello Giustiniano-Rodotà.
Poi c’è Prodi, che quotidianamente di spella le mani in applausi e complimenti alla sua amata Cina (dove è spesso ospite per congressi e conferenze che gli fruttano piogge di Yuan...), sì la Cina, la stessa Cina che calpesta i diritti e la vita dei suoi cittadini, la Cina dei trecento milioni di aborti e duecento milioni di sterilizzati in trent’anni. Ma Prodi vede solo l’aumento del Pil evidentemente.
E infine il nostro premio Nobel, Dario Fo! Basta ricordare in poche righe il ruolo che giocò nel brutale assassinio di Calabresi. Come dimenticarlo Fo con la sua sciarpona rossa, all’alba degli anni ’70, insieme alla moglie Franca Rame, impegnato nel raccogliere centinaia di firme per una petizione diffamatoria e grave contro il giovane commissario, che poco dopo fu brutalmente ammazzato sotto casa. Fatto orribile e intollerabile, salutato però all’epoca con gioia da Dario Fo (proprio così), il quale, nonostante l’assoluta innocenza della vittima circa la tragica morte di Pinelli (dopo le bombe di piazza Fontana e quella notte folle nella questura di Milano), continua ancora oggi a proporre nei teatri il suo disgustoso “morte di un anarchico” con le sue tesi anti-Calabresi. 
Ma come fanno certe camicie a smacchiarsi così velocemente in Italia? Oppure la realtà è che qualcuno certi aloni proprio non li vuole vedere?
Sono degni questi signori di diventare Capo dello Stato?
Possono degli anticattolici feroci essere guardiani dei nostri valori fondamentali, (diciamoli anche costituzionali se volete...)?
Ma la Costituzione italiana, e la Corte Costituzionale a più riprese (basterebbe leggere alcune sentenze...), non hanno forse detto chiaramente che la cultura cattolica è parte importante delle fondamenta della storia de nostro ordinamento, e che il culto cattolico apporta quotidianamente un necessario contributo a che tali valori si mantengano vivi e saldi? 
Può quindi questa combriccola essere chiamata a ricoprire il ruolo di “difensore centrale” della Costituzione, nonostante non faccia altro da decenni che attaccarla impunemente?
Ad avviso di chi scrive, no. 
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